Joel Meyerowitz
Joel Meyerowitz, nato nel Bronx a New York il 6 marzo 1938, è un fotografo statunitense, considerato uno dei maestri della street photography ma che si è dedicato anche ad altri generi.
Biografia
Nasce nel 1938 in America da genitori ebrei immigrati, provenienti dall’Ungheria e dalla Russia.
Nel 1959, Meyerowitz si laurea in pittura e storia dell’arte presso la Ohio State University.
Torna quindi a New York, dove trova lavoro in un’agenzia pubblicitaria come art director.
Un giorno del 1962, mentre sta lavorando a una brochure di abbigliamento, il suo capo gli dice che ha trovato un fotografo seguire per la parte visuale dell’opuscolo pubblicitario e che deve andare al suo studio per incontrarlo.
Quel fotografo era Robert Frank, che all’epoca aveva appena pubblicato “The Americans“, libro che sarebbe diventato una delle pietre miliari della fotografia, ma che all’inizio non venne apprezzato dalla critica.
Quel giorno Robert Frank nel suo studio stava fotografando due modelle. Joel Meyerowitz resta però stupito del fatto che invece di usare faretti, paraluce, sfondi, Robert Frank, con una fotocamera Leica in mano, danzava attorno a queste ragazze, che sembravano quasi non accorgersi di lui, e scattava in modo apparentemente casuale, senza mai guidarle dicendo loro cosa fare. Qui Joel osserva con attenzione il fotografo e capisce che ogni scatto avviene in un preciso momento, quando il gesto di una delle modelle diventa significativo.
Resta affascinato dalla gestualità di Frank, da come “danza” insieme alla sua macchina fotografica in mezzo ai soggetti che doveva fotografare.
Torna nell’agenzia pubblicitaria e rassegna le dimissioni al suo capo, perché voleva fare il fotografo. Da quel giorno iniziò la sua storia di fotografo.
E ancora oggi Meyerowitz dice che “Robert Frank è il motivo per cui faccio fotografie“.
Lezioni che ho imparato da Joel Meyerowitz
Dopo questa breve biografia, ecco alcune lezioni che ho imparato sulla fotografia di strada da Joel Meyerowitz, e alcune delle sue foto più famose.
Bisogna essere curiosi
Quando era bambino, negli anni Quaranta, Meyerowitz andava spesso a passeggio per le strade del Bronx insieme a suo papà. In quel periodo il Bronx era una grande scuola. Il padre (un ex pugile, ex comico, ex camionista, ex venditore ambulante) lo aveva educato alla curiosità. Gli aveva detto che mentre passeggiavano non doveva mai guardarsi la punta delle scarpe, ma guardarsi intorno, osservare. “Stai attento adesso, vedrai che succede qualcosa”. Il papà era un uomo della strada, sapeva che nelle strade succede sempre qualcosa. Basta aspettare. Basta guardare.
Fin da piccolo, quindi, Meyerowitz ha imparato a sviluppare un occhio acuto per cercare l’inaspettato nei dettagli di vita di strada americana di tutti i giorni. Il sapere aspettare, guardare, cogliere le sfumature sono aspetti che risulteranno poi importanti nell’attività di fotografo di strada. I consigli del padre li tradurrà in immagini fotografiche.
Sfruttare manifestazioni, eventi e parate
Un consiglio che da spesso Meyerowitz per vincere l’imbarazzo di fotografare la gente per strada, e che ha messo in pratica lui stesso, è quello di andare alle parate, ai cortei, alle feste di quartiere, alle manifestazioni, agli eventi pubblici. In queste situazioni l’atto fotografico sarà più semplice, anche perché le persone si aspettano la presenza dei fotografi per documentare l’evento. “Nessuno ci fa caso, se c’è un fotografo a una parata”.
Fotografare insieme ad altri fotografi, senza sentire la concorrenza
Joel Meyerowitz non è uno street photographer solitario. Fin dagli inizi non sente la concorrenza degli altri fotografi, anzi, preferisce avere un compagno di “caccia” per le vie della città.
All’epoca i fotografi collaboravano spesso insieme, c’era amicizia, non rivalità.
Nel 1962 inizia a girare per le strade di Ney York insieme a Tony Ray Jones, un designer inglese che si era trasferito negli States.
Successivamente fece coppia anche con Garry Winogrand, con cui camminò insieme sulla Fifth Avenue ogni giorno per oltre tre anni.
Questa cosa di girare in coppia resta una caratteristica della street photography. Ad esempio Lee Friedlander e Garry Winogrand lo faranno per anni, fotografando spesso le stesse scene e fotografandosi anche uno nella scena dell’altro.
E ricordo che anche Matt Stuart nel 2006, nel giorno in cui scattò una delle sue foto più famose, “Accidental peacock”, si trovava per le vie di Londra proprio insieme a Joel Meyerowitz, che gli aveva chiesto di fargli da cicerone durante la sua visita in città.
Sperimentare sia foto a colori che in bianco e nero
Inizialmente iniziò a fotografare a colori perché “Il mondo è a colori. Come ricordiamo degli odori, così ricordiamo dei colori”.
Ma poi a un certo punto inizia a girare con due macchine fotografiche Leica: una con rullino a colori e una con rullino in bianco e nero. Questo perché voleva sperimentare, capire cosa fosse meglio. Ha iniziato con gli stessi dubbi che ogni fotoamatore si è posto: meglio fotografare in bianco e nero a colori?
Scattava due foto a distanza di pochi secondi una dall’altra, una in bianco e nero e una a colori, poi le stampava e ci ragionava sopra per cercare di capire quale delle due immagini aveva funzionato meglio e perché. Nel suo libro “Where I Find Myself: A Lifetime Retrospective” ha dedicato un capitolo a questi scatti, raccontando i suoi ragionamenti e le sue considerazioni su uno scatto e sull’altro.
Didatticamente può essere un buon allenamento per tutti: vedere le differenze tra la stessa immagine in bianco e nero e a colori.
Alla fine comunque Meyerowitz deciderà di abbandonare il bianco e nero e continuare a scattare solo a colori. Fu uno dei primi sostenitori della fotografia a colori in un periodo storico in cui il riferimento per il reportage era il bianco e nero e c’era una certa resistenza all’idea di considerare la fotografia a colori come una cosa seria. Fino agli anni Settanta, infatti, le foto a colori erano relegate più agli usi commerciali che al linguaggio artistico. “Ho scelto il colore e ho creduto fortemente nel suo potenziale. Perché non avrei dovuto? Il mondo è a colori.”
PS: ho approfondito la storia di questa foto nell’articolo Fallen man, la foto più conosciuta di Joel Meyerowitz.
Fotografare le relazioni non esplicite tra le cose
Quello che interessa a Meyerowitz non è identificare e fotografare una singola cosa o soggetto, lui non cerca delle “copie” di oggetti nello spazio. A Meyerowitz interessa cercare e fotografare le connessioni effimere tra elementi non collegati tra loro.
Ricerca connessioni tra elementi, situazioni, geometrie, soggetti, che sono distaccati tra loro, ma che magicamente, grazie all’occhio del fotografo, funzionano se messi in relazione nello stesso fotogramma.
Ad esempio in questa foto in bianco e nero e’è la feritoia attraverso cui i clienti parlano e c’è la signora che fa i biglietti del cinema. Meyerowitz riesce a mettere in relazione questi due elementi che apparentemente non c’entrano nulla uno con l’altro.
La foto nasce da un ragionamento, da un lavoro mentale, dal mettere in relazione tra loro gli elementi. Meyerowitz crea un rapporto tra elementi, un qualcosa che poi arriva allo spettatore e fa sì che quella foto funzioni.
Non è semplice, ma è una cosa costruttiva. Bisogna allenarsi a questi ragionamenti.
Un altro esempio è questo. In questa foto Meyerowitz associa la preesistenza (la scritta “Kiss me stupid”) con l’attimo per eccellenza, il fatto che proprio sotto quell’insegna, casualmente, un uomo e una donna si fermino per baciarsi.
Un occhio nel mirino, e l’altro sempre aperto
Un consiglio di Meyerowitz è: un occhio mettetelo nel mirino, ma l’altro tenetelo sempre aperto. Perché altrimenti si perde la capacità di percepire quello che succede intorno, e quindi di anticipare quello che sta per succedere, quello che sta per entrare nel frame.
Quando si inquadra con la macchina fotografia, guardando nel mirino, si vede il frame di quello che verrà ripreso, ma tutto intorno il mondo va avanti. Quello che si decide di includere o escludere dal frame determina il significato e il potenziale della fotografia.
Joel Meyerowitz racconta che una cosa che adora della Leica è che ha il mirino sul lato (mirino a traguardo), non in mezzo. Questo ti permette di poter vedere cosa succede intorno con l’altro occhio (quello che non guarda nel mirino). In questo modo è possibile avere sott’occhio quello che si sta inquadrando, ma anche il contesto, quello che sta succedendo o sta per succedere intorno alla scena.
E questo è fondamentale per previsualizzare, per tenersi in contatto con il mondo. Non bisogna concentrarsi solo sul frame che viene inquadrato nel mirino.
Bisogna anticipare quello che sta per accadere: “nella commedia della strada la gente usa sempre gli stessi gesti, puoi anticipare i loro movimenti… Ridevamo del sesto senso che ci fa prevedere cosa farà la gente. Non è una cosa mistica, è che dopo un po’ conoscevamo il gioco”.
La foto deve lasciare spazio all’immaginazione dell’osservatore
Uno scatto non deve per forza dire tutto. Se l’immagine racchiude un elemento misterioso, allora riesce a sopravvivere negli anni e mantenere vivo un rapporto con i fruitori.
Se la foto non è finita, non comunica tutto, allora chi la guarda ha la possibilità di iniziare un proprio dialogo con l’immagine.
Questo nella sua semplicità è un momento unico. Le buone fotografie sono quelle che ti fanno fare un viaggio. Lo spettatore viene colpito, ma poi inizia un ragionamento, un processo mentale.
Lo spettatore diventa complice del fotografo grazie alla storia che vuole farsi.
Non ha alcun significato apparente il calcio di un poliziotto a una cartaccia in Times Square. Qui ognuno si può creare la sua storia. Magari il poliziotto, dopo una giornata di lavoro, tornando a casa, per rilassarsi, si abbandona ad un gesto fanciullesco, quello di prendere a calci una palla di carta arrotolata.
“L’ambiguità la difficoltà di capire cosa succede nell’inquadratura è una grande risorsa per il fotografo”.
Il segreto è lasciare spazio all’immaginazione dell’osservatore.
L’immagine funziona perché siamo di fronte a una storia che non è chiusa.
Anche in questa foto, in cui abbiamo una bambina che piange vista attraverso una doppia cornice di due portiere aperte, non sappiamo perché sta piangendo. Sta guardando verso un uomo che le tende la mano. Ma chi è quell’uomo? Il padre? Un autista? La rimprovera? La sta consolando? La bambina deve salire in macchina o è appena scesa? Non lo sappiamo.
Lo spettatore si fa delle domande, entra in relazione con chi ha scattato l’immagine, continua a creare la storia che il fotografo ha iniziato.
Usare più livelli, raccontare più storie nella stessa fotografia
Un’altra tecnica spesso usata da Meyerowitz è quella di creare delle immagini complesse, di raccontare due storie all’interno della stessa fotografia.
Ad esempio questa foto è orizzontale ma potrebbero essere due foto verticali: a sinistra abbiamo le due donne, a destra le macchine e la strada.
A destra abbiamo un personaggio solo accentuato, di cui si vede solo il braccio. Dal suo atteggiamento possiamo immaginare il tipo di personaggio e il suo sguardo sulla donna in costume. È una foto che rimane aperta, con elementi misteriosi.
Poi c’è anche il gioco delle braccia. Il braccio a destra dell’uomo in macchina, quello della ragazza in costume, quello della donna di fianco e anche il braccio che compare di un altro uomo a sinistra.
Anche in quest’altra foto, in bianco e nero, c’è atmosfera, complessità, e ci sono tanti livelli. Il fotografo catapulta lo spettatore all’interno di un paesino (Malaga, la foto è del 1966). L’immagine è divisa in vari blocchi: quello a destra della finestra, quello centrale con il signore al tavolo del bar, e quello a sinistra che si vede dalla vetrina: c’è un quartiere in festa o un evento. Tante situazioni diverse nella stessa foto.
Il consiglio è quindi quello di provare a realizzare immagini complesse, dove ci siamo più personaggi, più piani, più storie.
Fotografare controcorrente nelle strade affollate
Meyerowitz dà sempre un consiglio agli street photographer: per strada è meglio andare controcorrente. Se la folla (o un buon numero di persone) va in una direzione, meglio andare nel verso opposto invece di seguire il gregge. Ci si trova così di fronte a un flusso in cui ci sono tanti soggetti, tanti volti, situazioni.
Esempio in questa foto l’attenzione va sull’uomo con la benda, ma è grazie alla presenza delle altre persone (soprattutto quella in primo piano sfocata) che il nostro sguardo va su di lui.
La stessa situazione, con il fotografo sempre in mezzo alla scena, la troviamo anche in questo scatto. Il personaggio sfocato in primo piano ci porta sulla ragazza a sinistra, e poi sul poliziotto in fondo che sta scrutando il fotografo.
Rendere eccezionali le cose normali
La semplicità. Il fotografo è un voyeur, una persona curiosa, che guarda con curiosità e malizia. Anche un’immagine molto semplice diventa interessante grazie alla posa, alla gonna leggermente alzata, al tacco, al vento che alza i capelli della ragazza. Il fotografo è un osservatore.
Se una cosa ti incuriosisce, fotografala!
La semplicità, la strada, gli elementi curiosi. In strada succede di tutto. La strada è un palcoscenico, un teatro, bisogna avere voglia di percepire delle situazioni, poi queste situazioni arrivano.
Un vecchio detto dice: se una cosa vi incuriosisce, fotografatela. Al massimo avrete “buttato” uno scatto, ma perché rischiare di perdere una scena potenzialmente interessante?
Sfruttare le repliche, le similitudini
Sulla destra c’è una replica: le due donne (madre e mamma) sdraiate nella stessa posizione. Poi c’è il colore del vestito che richiama la tenda sullo sfondo. Sono piccole cose che però inducono l’osservatore a fermarsi su questa immagine. Sono piccole sfumature, ma sono cose che funzionano.
Usare l’istinto
Joel Meyerowitz, come tutti i grandi maestri, ha influenzato il lavoro di tanti fotografi. In un worskhop Stefano Mirabella ha raccontato che questa foto di Meyerowitz gli ha insegnato che l’approccio con cui il fotografo si rivolge alla strada non è uno solo. Questa foto ci mostra l’istinto di chi ha scattato. Non ci sono pensieri, ragionamenti, cose da mettere in relazione per poi pensare a una composizione che funzioni, c’è solo la forza del momento visto e i pochi istanti per reagire. In quel momento non si pensa, si scatta e basta.
Questo è uno degli approcci per provare a realizzare una buona fotografia.
Il punto forte è nel braccio della ragazza che viene trattenuto dall’uomo. Lei che vuole girarsi e scappare, lui invece si volta verso il fotografo che sta scattando.
Il rispondere velocemente, scattare d’istinto si può portare dietro degli “errori” come i piedi tagliati della ragazza, il signore sulla sinistra, l’orizzonte non troppo dritto. Ma non fa nulla. Perché il focus è sul braccio trattenuto. Una foto così la fai solo d’istinto.
Il fotografo di strada deve essere istintivo, deve essere un rapace, un cacciatore.
Potrebbe interessarti anche questo articolo:
Consigli di Joel Meyerowitz per la street photography (da un video Photography Close Up di Mag Rack, 2003)
Fonti e approfondimenti
Crediti fotografie: Joel Meyerowitz
https://www.joelmeyerowitz.com/
12 Lessons Joel Meyerowitz Has Taught Me About Street Photography (Eric Kim, 22/1/2014)
https://erickimphotography.com/
La danza di Joel (Fotocrazia, blog di Michele Smargiassi, 9/7/2018)
https://smargiassi-michele.blogautore.repubblica.it/
Joel Meyerowitz – Biography and Legacy (The Art Story)
https://www.theartstory.org/
Stefano Mirabella, lezione su Joel Meyerowitz (video Youtube Officine Fotografiche Streaming, 20/3/2020)
https://www.youtube.com/
What you put in the frame determines the photograph (Taking My Time – Joel Meyerowitz, video Youtube 27/11/2012)
https://www.youtube.com/